Tra il grande schermo e la musica jazz intercorre un rapporto lungo ma instabile, un perenne flirt che difficilmente si risolverà in un vero matrimonio. Da una parte le seduzioni di un genere musicale dalle atmosfere uniche, le suggestioni evocate dai locali fumosi, dall'alcol e dagli altri innumerevoli vizi dei suoi artisti maledetti. Dall'altra le insidie di una musica difficile da addomesticare e piegare alle esigenze cinematografiche, oltre il rischio di scivolare negli stereotipi più scontati.
Nella pagina del sito dedicata al tema c'è la lista completa dei film sul jazz, ma per approfondire l'argomento abbiamo chiesto l'opinione di uno dei massimi esperti italiani in materia di jazz: Stefano Zenni, musicologo, docente, autori di numerose pubblicazioni sul tema nonché attento spettatore cinematografico.
Stefano ci ha restituito uno sguardo prezioso e articolato su alcune delle opere più celebri su questo argomento, riconoscendo i meriti di alcune ed esprimendo perplessità su altre. Ha citato alcune delle colonne sonore più incisive e si è espresso su molte pellicole, da quelle documentaristiche a quelle di finzione, passando dai film biografici. La conversazione è anche disseminata di riferimenti a svariate gemme poco note al grande pubblico. Tra queste, Io sono Tony Scott di Franco Maresco, a cui lo stesso Stefano ha collaborato in veste di consulente musicale.
Nel video c'è l'intervista audio (con inserti dei film citati). Di seguito la trascrizione.
Stefano, partirei dalla fine chiedendoti un parere sul lavoro del giovane regista Damien Chazelle, che ha dedicato tre dei suoi quattro film al jazz. Il primo in realtà era un progetto a bassissimo costo, poi ha fatto 'Whiplash' e il celebratissimo 'La La Land'.
Dunque, io conosco molto poco il suo cinema e quel poco che ho visto non mi piace. Quindi sono un po' fuori dal coro; per esempio io non ho visto Whiplash, che mi riprometto di vedere, anche se carico di pregiudizi perché tutti gli amici musicisti con cui ho parlato lo trovano un film orribile. Io però non l'ho visto quindi non sono in grado di giudicare, anche se dovrò prima o poi vederlo. Ho visto solo La La Land che è un film molto onesto, un film molto sentito ma che non mi è piaciuto. Nel suo essere un omaggio principalmente al cinema di Jacques Demy (e in parte ai musical della MGM) mi è sembrato un film manierato, di riporto, e soprattutto con una tragica debolezza: è un film in cui si parla di musica, si parla della bellezza della musica e in cui la musica è veramente brutta. Se un allievo del conservatorio si presentasse con quella musica lo butteremmo fuori dalla scuola. Veramente trovo che sia una debolezza enorme; io faccio sempre l'esempio del film Love Me Tonight (Amami stanotte) di Rouben Mamoulian, uno dei più grandi musical di sempre, dei primi anni '30, dove a un certo punto viene introdotta la canzone 'Isn't it romantic' in un episodio che non sto a raccontare (gli appassionati potranno andarsi a vedere questo episodio che si trova all'inizio del film): è un momento clamoroso nella storia del cinema! Si comincia a cantare questa canzone e a un certo punto invece di cantare il testo della canzone uno dei personaggi dice "that's a catching tune", è un bel motivetto, è una bella melodia... e lo è davvero! Invece in La La Land la musica è molto brutta e non a caso è tata rapidamente dimenticata. Non si può fare un film dicendo "senti che bella musica" quando quest'ultima è brutta: mi sembra uno dei grandi problemi di quel film.
Al di là dei film sul jazz, la musica può essere decisiva anche solo come accompagnamento. Penso all'esempio forse più celebre, anche per i non appassionati, e cioè ad 'Ascensore per il patibolo' di Louis Malle, con le musiche originali di Miles Davis. Ti vengono in mente altre grandissime colonne sonore di film che non parlano di jazz ma di cui questo costituisce appunto la colonna sonora?
Guarda, la mia preferita in assoluto è nel film del 1967 di Jerzy Skolimowski che si chiama in italiano con il titolo orribile Il vergine (il titolo originale è Le départ), un film ambientato a Parigi, con Jean Pierre Leaud come protagonista. E' un'opera di cultura in parte nouvelle vague francese, in parte (soprattutto) nouvelle vague polacca perché il regista è come detto Jerzy Skolimowski, uno dei grandi del cinema contemporaneo. La colonna sonora di questo film fu scritta dal compianto Krzysztof Komeda, che già aveva scritto della musica importante per i primi cortometraggi di Roman Polanski. Komeda da pianista scriverà per Polanski anche le musiche di Rosemary's Baby; purtroppo scomparirà prematuramente ma la colonna sonora per Il vergine è veramente un capolavoro. E' soprattutto un capolavoro per il modo in cui si intrecciano - grazie al montaggio - la musica jazz, a volte free, a volte modale, e le immagini, anche perché Komeda aveva un modo di scrivere musica in generale fuori dall'accademia tradizionale del jazz: nel suo jazz ci sono sicuramente elementi di Miles Davis, del jazz modale, del be bop, ma quando scrisse la musica per questo film utilizzò per esempio accelerazioni, rallentamenti (quelle cose che si trovano in Mingus), l'uso delle pause, l'uso degli ostinato, insomma tutta una serie di tecniche musicali che si legano con le immagini in maniera in maniera magistrale e anche con un notevole senso dello humour, che è una cosa che vale la pena di ricordare perché in genere associamo al jazz nel cinema al noir (penso appunto ad Ascensore per il patibolo), al dramma, all'omicidio. Beh, Anatomia di un omicidio di Otto Preminger, con la musica di Duke Ellington è un altra delle grandissime colonne sonore; ma in tutti questi casi sembra che il jazz debba per forza essere associato a qualcosa di peccaminoso, oppure di drammatico. Invece nel film di Skolimowski c'è una fortissima componente ironica e umoristica, come del resto accade spesso nel cinema della nouvelle vague. E' una nota gradita e diversa rispetto ai cliché l'uso del jazz.
Hai parlato di un modo di fare cinema in qualche modo associabile al jazz, e hai citato Mingus, perciò ti chiederei un parere su 'Ombre', il film di Cassavetes che, oltre a parlare di jazz e avere una colonna sonora parzialmente scritta da Charles Mingus, potrebbe intendersi un film jazz anche nella sua concezione: girato con attori improvvisati e con una sceneggiatura scritta in corso d'opera.
Sì, allora, in realtà il discorso su Ombre e un po' più complesso, e casomai per chi fosse interessato rimando allo studio che ha fatto uno studioso che si chiama Ross Lipman, che ha indagato a fondo sulla genesi di Ombre. Innanzitutto dobbiamo sgombrare il campo dal fatto che Mingus abbia scritto la colonna sonora. Mingus scrisse la musica del film ma poi dentro il film ci è finito pochissimo di quello che lui aveva composto, anche perché Mingus è riuscito a registrare pochissimo di quella colonna sonora. C'è un clamoroso equivoco che sorse fra Cassavetes e Mingus perché il regista fece un film come hai detto tu jazz e cioè con un carattere semi improvvisato, ma in realtà non era tutto così, perché non so se è noto ma ci sono due versioni di Ombre: una prima versione fu proiettatata, ma ad alcuni non piacque e Cassavetes rigirò delle scene e lo rimontò. Insomma ci sono due film proprio perché il primo approccio non era del tutto soddisfacente. Secondo alcuni critici (per esempio il compianto Jonas Mekas) la prima versione era migliore della seconda perché quest'ultima era fin troppo formale rispetto alla prima. Tra l'altro vorrei ricordare che Cassavetes adottò questo stile semi improvvisato per questo film ma poi lo abbandonò completamente, quindi gli è rimasta appiccicata questa etichetta di regista jazz, improvvisativo, ma poi in realtà lui non ha mai più fatto una cosa del genere; ha fatto un altro film sul jazz che si chiama Too Late Blues, che è piuttosto bruttino. Ma a parte questo, l'equivoco tra Cassavetes e Mingus sorse perché il regista aveva fatto appunto un film ispirato a una specie di libertà improvvisativa, Mingus invece si presentò in studio con una mega partitura, diciamo para-sinfonica, in cui ogni nota era scritta: ci sono anche delle rare fotografie che sono riportate nell'articolo di Lipman. I due giunsero praticamente allo scontro, perché poi per scrivere e per usare questa musica si richiedeva una quantità di tempo inverosimile e la produzione non aveva tempo da investire in studio per questa colonna sonora, per cui alla fine i due litigarono e nel film ci sono finiti i pochi passaggi che Mingus aveva scritto. A quel punto Cassavetes chiamò praticamente di nascosto il sassofonista Shafi Hadi e gli chiese di registrare per solo sax e le parti che mancavano. Quando poi Mingus seppe che Shafi Hadi era andato lì senza il suo permesso per finire il lavoro che lui non avrei voluto finire, il sassofonista fu licenziato in tronco dal gruppo di Mingus. Questo per dire che quella colonna sonora ha una strana storia, come è strano anche il film, perché poi il film parla di rapporti razziali, di pregiudizi fra bianchi e neri ma vorrei ricordare che la protagonista è un'attrice nera dalla pelle molto chiara, mentre suo fratello è un attore bianco con la faccia pittata di nero! Quindi gioca in maniera molto ambigua e ironica sui rapporti razziali, salvo poi appunto finire vittima della sua stessa ambiguità nel rapporto tra Cassavetes e Mingus, quindi un'opera decisamente stimolante da questo punto di vista.
Un'altra opera singolare è 'Round Midnight - A mezzanotte circa', di Bernard Tavernier, perché è la storia di un musicista, o meglio ispirata alla vicenda di Bud Powell, interpretata da un altro musicista ovvero Dexter Gordon, con la colonna sonora di un terzo musicista cioè Herbie Hancock.
...Aggiungerei anche il quarto elemento, considerando che Dexter Gordon interpreta la storia di Bud Powell ma nei panni di Lester Young! Cioè si veste e parla come Lester Young. Quindi veramente, sì, direi che questo è uno dei più belli e importanti mai fatti sul jazz, fra i più onesti, fra più sinceri, proprio perché la presenza di Dexter Gordon è una presenza imponente dal punto di vista non solo fisico ma proprio attoriale e umana. Porta quella cosa che il cinema fa sempre fatica a raccontare del genere, cioè il fatto che il vissuto del musicista è la musica, cioè tu suoni quello che sei, e quando c'è un attore che interpreta il musicista magari tormentato, c'è sempre una nota di melodramma, una nota di falso. Invece la presenza di Dexter Gordon rende tutto così vero, così non filtrato (nonostante Gordon reciti naturalmente, quindi c'è un elemento di filtro, c'è un elemento di artificio). Ma la sua presenza, la sua voce, il suo caracollare, il suonare… sono veramente il valore aggiunto del film. Quello che Round Midnight non riesce a fare è un problema che affligge credo quasi tutto il cinema che si occupa di jazz, e cioè conciliare le esigenze del montaggio cinematografico con il flusso della musica: il jazz è fatto di lunghi assoli, di brani articolati, di improvvisazioni a volte appunto molto estese; invece il film presenta sempre dei frammenti di musica: il pezzo che finisce, il pezzo che inizia, le prove... difficilmente riesci a sentire un pezzo dalla prima all'ultima nota, perché in qualche modo la musica viene articolata, frammentata, spezzata dal montaggio cinematografico. Questo è un problema perché il flusso temporale del jazz è un flusso continuo, è un flusso del vissuto, il tempo che passa mentre io suono e improvviso è un tempo reale che fluisce. Il tempo del cinema invece è un tempo totalmente artificioso, costruito dal montaggio e questi due flussi temporali diversi fanno fatica spesso a conciliarsi.
Ci sono altri film biografici a tu parere significativi?
Ma guarda, io sono un fan del film più bistrattato della storia del cinema jazz cioè Bird di Clint Eastwood. So di attirarmi così gli strali e di perdere molti amici però Bird ha una qualità cinematografica altissima, e a me come spettatore di cinema forse interessa più quella che la verità del personaggio. Cioè, non dimentichiamoci che il cinema di finzione è appunto finzione, non è un documentario. Straight, No Chaser su Thelonious Monk ci dice delle cose bellissime su Thelonious Monk, molto importanti, ma è un documentario. Bird è un film di finzione, e io mi aspetto che ci sia un personaggio di finzione. I personaggi della vita reale non sono mai reali sulla al cinema. C'è sempre qualcosa che si deve aggiustare, cambiare, modificare. E' vero, il Charlie Parker raccontato Eastwood è un Charlie Parker totalmente cupo, oscuro, maledetto, tragico, ma è un grande personaggio tragico, soprattutto perché è grande il film, grande la fotografia, il modo in cui viene utilizzata la musica. Nonostante tutte le polemiche - peraltro corrette - sull'uso degli assoli di Parker sovrapposti su una ritmica registrata moderna, rimane comunque un grande film tragico. Secondo me una delle perle di quell'Eastwood tragico di Mystic River, di Un mondo perfetto, di Million Dollar Baby, degli Spietati, cioè di quel filone del cinema di Eastwood tra gli anni '80 ,'90 fino ai primi anni del 2000 che ha dato una serie di capolavori proprio su un tema quasi da tragedia greca.
Due pellicole da consigliare. Una documentaristica e una di finzione.
Allora, come opera di fiction consiglierei Miles Ahead di Don Cheadle, del 2016. Scritto, diretto interpretato e prodotto da questo attore afroamericano, è un film massacratissimo dai fan, e sostanzialmente non capito. Cheadle secondo me fa un'operazione straordinaria: il film racconta di un momento della vita di Miles Davis in cui lui non suonava, prima del suo rientro nel periodo di chiamiamolo così, di interregno, di solitudine e di abbandono tra la metà degli anni '70 e primi anni '80. Lo racconta però con cadenze un po' da film blacksploitation, un po' da thriller alla Don Siegel. Facendo così ha commesso un peccato di lesa maestà agli occhi degli appassionati di Miles Davis. Perché? perché Davis viene presentato come una specie di gangster: è sempre con la pistola in mano, addirittura spara... Allora diciamo due cose: la prima è che se vogliamo giudicare la sostanza cinematografica del film, Miles Ahead è un grande debutto. E' un film con storia, montaggio, fotografia, uso della musica - questa sì per esteso - notevolissimo! Tra l'altro Cheadle fa un'operazione secondo me intelligentissima: siccome va avanti e indietro col tempo non usa - come dire - la colonna sonora in sincronia cronologica con le immagini che mostra, cioè se fa vedere delle scene ambientate degli anni '50 non necessariamente ci fa sentire il Davis degli anni '50 e viceversa. Questo è il segno dell'intelligenza, della capacità di capire che la musica può funzionare senza fare gli accademici o i filologi per cui se siamo negli anni '50 dobbiamo sentire la musica degli anni '50. Noi abbiamo nella storia del cinema un esempio supremo di questo uso non sincronico e cronologico della musica che è Barry Lyndon: Kubrick infila Schubert in un film ambientato nella seconda metà del Settecento. Questo direi basta e avanza come esempio, quindi in sé Miles Ahead è un grande film, e soprattutto è un debutto sorprendente per un attore non ha mai fatto il regista prima. Da un punto di vista della del rapporto con la biografia di Miles Davis secondo me Cheadle fa un'operazione eccezionale perché raggiunge delle verità tradendo la figura di Miles Davis: più tradisce e più tocca una verità! Faccio un esempio, cioè la scena in cui Davis all'inizio va negli studi della Columbia per reclamare i soldi che non gli hanno dato per i diritti d'autore e che lui aveva chiesto... La scena finisce a pistolettate, perché tra l'altro c'è un avvocato bianco che dice "noi della Columbia siamo i proprietari della tua musica, non tu" e lui gli spara minacciandolo e poi gli prende dei soldi. Questa scena - che funziona molto bene dal punto di vista cinematografico - non è mai successa, ma è molto verosimile! Cioè, l'idea del produttore bianco che possiede la musica del nero, l'idea che il mondo della produzione musicale, dei manager per esempio, sia un mondo fatto da avvocati loschi e spesso ai confini con la malavita, il fatto che il musicista debba proteggersi a volte mettendosi una pistola in tasca come succedeva negli anni '20 a Chicago per esempio. Tutto questo è molto verosimile, quindi anche se Miles Davis non ha mai fatto questa cosa qui, la scena, il contesto, il personaggio, la realtà sociale che viene raccontata in quella scena... sono tutte molto, molto verosimili. In questo credo che ci sia forse una chiave delle grandi biografie, cioè secondo me sono tanto più veritiere quanto più tradiscono il soggetto. E scusa se mi sono dilungato un po' ma era una difesa appassionata di questo splendido film, ingiustamente dimenticato e buttato nel cestino.
Tra i film invece documentaristici io ci metterei due film. Uno è Straight, No Chaser su Thelonious Monk, di una magnifica documentarista che si chiamava Charlotte Zwerin (e prodotto da Clint Eastwood) che è eccezionale da due punti di vista: uno perché mostra dei documenti video di Monk fino a quel momento (il film è del '90) invisibili, rarissimi, straordinari. Si vede veramente nella testa, nella psiche di Monk, nella sua musica, nel suo modo di intrecciare vita, malattia (il suo bipolarismo) e musica in modo magistrale e al tempo stesso in modo molto asciutto, senza romanticismi, senza "maledettismi", solamente con i documenti e qualche intervista.
E l'altro invece (qui tiro un po' di acqua al mio mulino) è Io sono Tony Scott - Come l'Italia ha fatto fuori il più grande clarinettista del jazz, di Franco Maresco. Sono stato consulente del film ma, diciamo, nonostante la mia consulenza il film è straordinario! Perché anche lì c'è una cosa un po' come nel film di Don Cheadle, cioè un intreccio tra biografia del personaggio e storia con la S maiuscola magistrale, raramente visto al cinema, e soprattutto c'è quella cosa che dicevo prima (che manca per esempio in Round Midnight), ossia la possibilità - nonostante un montaggio fittissimo e molto veloce - di ascoltare musica per intero. Lo stesso succede anche nel documentario su Enrico Rava di Monica Affatato (Note necessarie). Anche in questo caso l'autrice era molto consapevole di questo problema, cioè di come conciliare il ritmo del montaggio con il ritmo della musica. Certo, forse in un documentario è più facile che in un film di finzione però Io sono Tony Scott di Franco Maresco lo fa in modo veramente perfetto.
Una domanda consueta che faccio quasi sempre è questa: c'è una storia di jazz che non è mai stata raccontata al cinema ma che potrebbe diventare un grande film? La risposta la considero automatica perciò ti chiederei quale in particolare?
Sì, la risposta è sì ovviamente! Secondo me ce ne possono essere diverse ma io trovo scandaloso che Hollywood non abbia mai fatto un film su Louis Armstrong, la cui vita peraltro proprio obbedisce a certi codici... Non so se oggi sarebbe un film di successo. Certo in un'epoca in cui andavano di moda le grandi storie all'americana, diciamo dalle stalle alle stelle, Armstrong era perfetto! Era veramente il sogno americano di un ragazzino di strada cencioso che diventa il musicista più famoso del mondo. Questo film non si è mai fatto perché come sappiamo Armstrong aveva un difetto fondamentale: era nero, e quindi Hollywood ha fatto un film su Red Nichols, dimenticabile trombettista bianco che ha passato gran parte della sua vita a fare musica leggera e nel cui film biografico (I cinque penny) Armstrong compare come ospite, ma non ha mai fatto un film su di lui! Peraltro un film su Louis Armstrong porrebbe a un regista un problema molto particolare, che è quello già accennato di inserire una forte componente umoristica. Certo, Armstrong non è il personaggio maledetto, cioè non è il Dale Turner di Round Midnight, non è il personaggio tormentato dei film di Spike Lee, insomma non è Bird. E' invece un personaggio solare, umoristico, indubbiamente con i suoi scoppi di rabbia... Certo non ci sono enormi conflitti ma in realtà dentro ci potrebbe essere tanto: la storia del rapporto col mondo dei bianchi, col management ebraico, con la malavita; si parla di un uomo che ha girato il mondo, che ha avuto rapporti con la politica piuttosto complessi... insomma c'è materia per un per un film importante che racconti anche l'evoluzione della cultura del Novecento.
Forse il problema di base potrebbe essere che la storia di Armstrong è veramente troppo grande per stare in un solo film...
Beh ma non credo, perché poi il cinema trova sempre un modo per raccontare... Pensa di nuovo a Don Cheadle, cioè tu puoi anche fare un film con un personaggio sfaccettato e complesso come Miles Davis prendendo un'epoca, e da quell'epoca poi provi a raccontare tutto. E' una tecnica tipica del cinema quella di concentrarsi su un frammento piuttosto che sul racconto biografico completo.
L'ultima domanda, anche questa consueta: qual è il tuo film preferito? anche non necessariamente legato al tema in oggetto.
Beh, la risposta è talmente semplice per me che quasi mi verrebbe voglia di cambiare: il mio film preferito è probabilmente 2001 – Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. Lo è perché è stato un trauma adolescenziale, visto al cinema a 17 anni in una delle tante riedizioni. Ho ancora negli occhi e nelle orecchie il trauma audiovisivo... ma veramente un trauma! Parlo proprio di una cosa quasi dolorosa. Kubrick è il mio regista preferito e insomma non devo essere io a spiegare perché è un grande film. A questo se mi permetti aggiungerei un secondo titolo, anzi posso fare la triade? Perché non riesco a contenermi solo a due! Metterei Vertigo di Alfred Hitchcock, cioè La donna che visse due volte, e Aurora di Friedrich Wilhelm Murnau, del 1929. Ecco con questi tre film sull'isola deserta io posso stare in pace per l'eternità!