"Non tutto il sapere viene dai libri!".

(Jesse Pinkman - Breaking Bad. Stagione 1)

Narcos, Breaking Bad, Gomorra. Il clamoroso successo di queste recenti serie TV, unito alla massiccia produzione cinematograficaedoardo polidori beta 2 sul tema, ha riportato a galla la questione della rappresentazione mediatica del mondo della droga. C'è chi considera con preoccupazione il successo di queste opere, ravvisando il rischio di fenomeni di emulazione. Al contrario, c'è chi le accoglie con interesse e curiosità, ritenendole occasioni preziose per ragionare insieme ai ragazzi sulle sostanze, sulla tossicodipendenza, insomma su tutto ciò che ruota intorno all'argomento droga. Appartiene a questo secondo gruppo Edoardo Polidori, medico e direttore del Ser.T di Forlì, coordinatore di numerose iniziative a livello nazionale ed europeo nell'ambito della tossicodipendenza. Insieme al suo team, il dottor Polidori svolge, tra le molte attività, anche un capillare lavoro di educazione e informazione nelle scuole e in generale nel territorio.

Edoardo Polidori, qual è il vostro approccio verso il tema delle dipendenze?

Il nostro approccio si rifà a un modello che potremmo definire nord-europeo. I miei colleghi olandesi direbbero che è un atteggiamento "pragmatico", ovvero: "c'è un problema: cerchiamo di capire come risolverlo. C'è un fenomeno: ragioniamoci sopra". Si tratta di una linea operativa che inevitabilmente induce ad andare oltre una posizione proibizionista: non si tratta tanto di escludere la proibizione per principio, quanto di constatare che un'impostazione del genere, da sola, semplicemente non funziona. Il divieto non può estinguere il fenomeno, e aggiungo che anche se teoricamente fosse possibile, non è detto che sarebbe auspicabile.

In quest'ottica di apertura, di osservazione e discussione del fenomeno, il cinema costituisce uno stimolo, un'opportunità di dialogo?

I film sono importanti perché fanno parte della cultura contemporanea. Trovo che vada tenuto in considerazione tutto ciò può stimolare un dibattito e destare l'interesse delle nuove generazioni, dalla letteratura alla musica. E' chiaro che oggi viviamo immersi nella cultura dell'immagine, perciò ogni forma espressiva che è riconducibile ad essa, dai manifesti alle serie TV, ha un ruolo preponderante. In questo contesto i film sono strumenti fondamentali, sia per rappresentare la realtà, sia per stimolare la discussione.

Come usate i film?

Di norma non è prevista la proiezione di film interi. Preferiamo proporre sequenze singole: questo ci dà la possibilità di rappresentare diversi immaginari e di concentrarci su aspetti specifici della dipendenza. La visone di un film si apre certamente a interessanti valutazioni artistiche, ma per il nostro scopo è più utile analizzare singole scene: possiamo soffermarci su alcuni elementi particolari: un dialogo, un modo di consumare una sostanza o di descrivere uno stato di alterazione. Si riescono ad isolare frammenti che riguardano aspetti economici o conflitti generazionali: le possibilità sono innumerevoli. In sintesi, tutto ciò che spinge a ragionare su questo mondo contribuisce a rendere interessante il confronto nei contesti dei "gruppi-classe".

Com'è composto il vostro gruppo di lavoro?

Siamo una squadra. Io sono certamente il soggetto più conosciuto, ma le mie giovani collaboratrici svolgono un'opera fondamentale. E' positivo il fatto che siamo in tanti e che ognuno "frequenta" generi diversi. Tengo anche a segnalare l'aiuto di Michele Marangi, 32218487 988269264684812 1295445033637380096 oesperto di cinema e media educator, che è stato essenziale per impostare il lavoro e affinare le nostre capacità di creare conoscenza attraverso le immagini. Il gruppo della Scuolina (un progetto nazionale di formazione e confronto per operatori del settore) comprende anche il sociologo Claudio Cippitelli e Claudio Renzetti, formatore per il lavoro di squadra. Ognuna di queste individualità naturalmente arricchisce con il proprio punto di vista l'esperienza collettiva.

Abbiamo anche molti tirocinanti e ragazzi che si rivolgono a noi per le tesi. Se riusciamo nel nostro intento – quello di rendere contagiosa la ricerca culturale – ognuno di questi soggetti diventa poi una risorsa importante per ampliare il materiale di riferimento. Cerchiamo di creare una sorta di community sul mondo delle droghe!

In che modo vengono scelti i film, o le sequenze, da utilizzare?

Negli anni abbiamo costituito, nella nostra sede, una mediateca notevole, con libri, manifesti e oltre 800 dvd in catalogo. Guardare personalmente le opere è essenziale; col tempo, oltre ad avere acquisito una cultura non indifferente sul tema, Elisa e le altre ragazze del mio team hanno sviluppato una capacità quasi istintiva di individuare, all'interno di un'opera, i momenti più significativi. Talvolta le sequenze più interessanti per il nostro lavoro si trovano in film non necessariamente incentrati sull'argomento droga. Il trucco è avere sempre le antenne dritte e comunicare agli altri le proprie scoperte: è una caccia al tesoro quasi ossessiva. Ormai ha qualcosa di patologico!

Come entrate in contatto coi ragazzi?

In diversi modi: uno è rappresentato dai progetti dei "gruppi di pari": ogni classe, da varie scuole della provincia, seleziona tre o quattro studenti con cui ci confrontiamo; poi a loro volta i ragazzi riportano i contenuti ai compagni nei loro istituti. Un'altra possibilità è costituita dalle singole classi che vengono in vistita al Ser.T. Ci sono poi gli incontri che faccio personalmente nelle scuole, quelle del territorio o in giro per l'Italia. In tutti questi casi cerchiamo di generare un dibattito anche attraverso le modalità di cui abbiamo parlato.

Abbiamo inoltre attivato progetti che coinvolgono le università, e un ulteriore canale si sta aprendo proprio recentemente: siamo stati contattati da un numero crescente di cooperative che gestiscono comunità per minori. In questo caso si tratta di richieste di formazione che riguardano sia gli educatori, sia gli ospiti minorenni.

Com'è di solito la risposta dei ragazzi?

Estremamente positiva. Quando i giovani riconoscono nell'educatore presente non un adulto persecutorio ma uno che spiega e fornisce informazioni dal punto di vista scientifico e tecnico, lì si abbatte un muro. Lo scopo di fondo è far capire che la droga non è trasgressione, ma droga è uguale a cultura.

L'uso di droghe è ed è sempre stato un fenomeno diffuso. E’ la nostra società che ha progressivamente spostato l'accento sul lato problematico del fenomeno fino a farlo coincidere con esso. Ma il consumo di alcol non è l'alcolismo. Non bisogna leggere il fenomeno attraverso la lente del problema, invece si tende ad associare il concetto di droga esclusivamente ad immagini tragiche e violente. E' difficile pensare alla poesia francese dell'800 o agli anni '70 senza considerare il ruolo delle sostanze inrequiem for a dream poster questi cruciali passaggi storico-artistici. Ma potrei parlare dell'uso delle anfetamine durante le Olimpiadi di Berlino o nel corso della Seconda Guerra Mondiale. E' proprio il fatto che manca una cultura delle droghe che genera lo slittamento droga = trasgressione/sballo: è una lettura parziale e distorta.

I titoli cinematografici sulle sostanze sono centinaia. Nominiamo qualcuno dei più significativi.

Effettivamente sono tanti. Requiem for a Dream è senz'altro uno dei film cult. Traffic contiene molti passaggi interessanti. Ho un debole anche per Charlie Bartlett: malgrado oggi appaia invecchiato un po' precocemente, è un film che consiglio sia ai genitori, sia agli studenti. Devo dire di considerare il francese Paulette meglio del precedente e più celebre L'erba di Grace (verso cui è chiaramente debitore). Inoltre trovo che per il modo in cui ha rappresentato il consumo di alcol, l'alterazione del comportamento e la violenza Once Were Warriors resti un capolavoro inarrivabile.

Ci sono invece pellicole sulla droga sconsigliabili, o anche solo sopravvalutate?

Non saprei. Certo ci sono film che hanno detto qualcosa in alcune epoche e oggi non dicono più niente. Mi lascia perplesso l'idea che un insegnante faccia vedere Christiane F. Nel 2018. E' datato: descrive una realtà che non esiste più, almeno da noi. Aggiungo anche che contiene errori tecnici abbastanza grossolani nella rappresentazione del consumo di eroina, ma il punto è che la realtà oggi è un'altra; è difficile che qualche adolescente si riconosca in quei personaggi.

z5687143Talvolta ci sono irritanti errori nelle traduzioni dei dialoghi, o addirittura dei titoli: il film con John Wayne Marijuana venne trasformato in "La droga infernale": è difficile capire se si sia trattato di leggerezza o di malafede ma è ovvio che una traduzione simile contiene già un giudizio di valore. Ancora più clamoroso è l’esempio di Gioventù bruciata: anche in questo caso il titolo italiano distorce in senso negativo quello originale "Rebel without a cause": si tratta di una splendida definizione tratta da Norman Mailer, che con questa espressione cercava di descrivere una generazione di giovani che sapevano contro quale tipo di società si ribellavano, pur non avendo chiaro quale ideale opporre: sapevano solo quello che non volevano. Invece l'equivalenza "gioventù ribelle = bruciata" evocava fin dal titolo una banale idea di degrado.

Che consigli darebbe ad un insegnante o un genitore che volesse usare i film per approcciare il tema della droga?

Più che dare suggerimenti "universali", gli direi di venire qui e ragionare insieme a noi su quale aspetto del fenomeno vuole affrontare. Abbiamo circa 800 film a disposizione nella nostra videoteca. Chiaramente da questo punto di vista la nostra struttura è unica, ma chi vuole può contattarci anche attraverso la pagina Facebook o scrivendo un'email direttamente a me ([email protected]).

L'altra cosa che consigliamo è di consultare il vostro sito di www.filmaboutit.com. Al di là dell'ospitalità per questa intervista, nel database ci sono possibilità uniche, come quelle di scegliere il tema, di rilevare "quanto" il film è incentrato su un particolare argomento e di considerare la valutazione generale dell'opera.

Un ultimo suggerimento, generico ma non scontato, è quello di evitare film troppo datati se si vuole vedere un film insieme ai ragazzi. Bisogna rispettare il fatto che oggi la velocità narrativa è diversa e loro, abituati a ritmi più serrati, tendono ad annoiarsi facilmente.

Quale tipo di sfide pongono le nuove dipendenze? Penso all'abuso di Internet, social network, videogiochi e smartphone.

Ci sono lavori in corso. Due delle ragazze del nostro gruppo hanno partecipato recentemente ad un master su questi temi; abbiamo avuto vari incontri con altri esperti e colloqui con alcuni genitori preoccupati per i propri figli. Il punto è capire che oggi anche il virtuale è parte del reale. Più difficile è comprendere quando questa compenetrazione si sbilancia e si arriva al punto in cui stare sulla rete comporta uno scollegamento dalla vita vera. Cerchiamo di stare molto attenti a queste nuove dinamiche, e anche su questi fenomeni abbiamo già individuato alcuni film di riferimento, come Nerve, Disconnect o il documentario Lo and Behold.

Ultima domanda: il suo film preferito?

Andrej Rublev di Tarkovski. Lo considero il vertice cinematografico sul tema della potenza creativa dell'arte. In particolare trovo straordinario l'episodio della campana, quello che fa capire al protagonista l'importanza dell'arte per il popolo.